
Il Turismo Religioso come Opportunità di Crescita e Trasformazione Personale
A cura del Professore dell’università degli studi di Messina, Filippo Grasso.
L’inaugurazione del restauro e della messa in sicurezza della cripta della Basilica Cattedrale di Messina, ci porta a proporre una riflessione sul valore che questo luogo può assumere nell’ambito del turismo religioso. La cripta, parte integrante della storia e della spiritualità della città, si configura non solo come patrimonio architettonico e devozionale, ma anche come possibile tappa di un cammino interiore, in linea con le nuove prospettive del turismo esperienziale e trasformativo.
I luoghi come la cripta della Cattedrale possono essere valorizzati non solo come attrattori turistici, ma anche come spazi di incontro, ascolto e crescita spirituale. In un tempo in cui il viaggiare cerca sempre più un significato profondo, il turismo religioso si propone come chiave di lettura per riscoprire il senso del pellegrinaggio e il valore dell’accoglienza, in una dimensione umana e conviviale.
Il turismo è da tempo un fenomeno centrale nella società contemporanea. Sebbene venga spesso ridotto alla sua funzione di svago, esso rappresenta in realtà un’opportunità straordinaria per arricchire la persona su molteplici livelli: culturale, sociale e spirituale. Questa visione trova la sua più autentica espressione nel turismo religioso, che si manifesta soprattutto attraverso i pellegrinaggi e i cammini spirituali. Questi itinerari, pur trattati talvolta come semplici fenomeni turistici o strumenti promozionali, custodiscono una dimensione più profonda, legata alla crescita interiore e alla trasformazione personale di chi li percorre.
Il pellegrinaggio, infatti, non è soltanto un viaggio fisico verso un luogo sacro. È, piuttosto, un’esperienza spirituale capace di favorire una riflessione autentica su se stessi, sulla propria fede e sulle proprie convinzioni. La sfida, oggi, consiste nel superare la concezione tradizionale che lo riduce a mera attività promozionale o attrazione turistica. È necessario sviluppare un approccio più consapevole, che vada oltre la logica della promozione per abbracciare una gestione più profonda di questi percorsi, trasformandoli in esperienze capaci di incidere realmente sulla vita di chi li intraprende.
Il pellegrinaggio, infatti, non è soltanto un viaggio fisico verso un luogo sacro. È, piuttosto, un’esperienza spirituale capace di favorire una riflessione autentica su se stessi, sulla propria fede e sulle proprie convinzioni. La sfida, oggi, consiste nel superare la concezione tradizionale che lo riduce a mera attività promozionale o attrazione turistica. È necessario sviluppare un approccio più consapevole, che vada oltre la logica della promozione per abbracciare una gestione più profonda di questi percorsi, trasformandoli in esperienze capaci di incidere realmente sulla vita di chi li intraprende.

Il pellegrinaggio, dunque, non va inteso come un’esperienza riservata a chi professa una determinata fede, ma come un’opportunità aperta a tutti per intraprendere un cammino di trasformazione personale. In un’epoca di rapide trasformazioni e frammentazione delle esperienze umane, il turismo religioso può rappresentare una risposta concreta al bisogno di riconnessione con la propria umanità e con i valori universali che uniscono le persone. In questo senso, la cosiddetta “teologia del turismo” si configura come un’occasione per riflettere sul significato profondo del viaggiare e sulla possibilità che il turismo religioso diventi uno strumento di crescita personale e di dialogo interculturale, superando il rischio di essere ridotto a mero consumo o a folklore.
Senza voler entrare nel merito delle considerazioni strettamente teologiche, ma da convinto sostenitore della “teologia del turismo”, credo che il viaggio, specie se spirituale, rappresenti una straordinaria opportunità di arricchimento umano. Pensiamo, ad esempio, al contesto del Giubileo: eventi come questo richiamano milioni di persone che si mettono in cammino non solo per fede, ma anche per ricerca personale, bisogno di senso, desiderio di pace.
Tuttavia, spesso il dibattito attorno a pellegrinaggi e cammini si limita alla loro dimensione promozionale, trattandoli come fenomeni turistici tra gli altri. Sebbene la promozione sia importante, occorre fare un salto di qualità verso una reale cura nella progettazione e nell’accompagnamento di questi percorsi. Non basta creare itinerari: bisogna favorire esperienze che tocchino la dimensione profonda dell’essere umano.
Anche in questo caso, il racconto dei discepoli di Emmaus rappresenta una chiave di lettura esemplare. In esso si riconoscono tratti fondamentali dell’esperienza del pellegrinaggio: l’immersione nel cammino, la formazione attraverso la relazione, la sorpresa dell’incontro, la gioia della condivisione, il valore della narrazione. È una storia che diventa modello pedagogico, esperienziale, umano. Le guide turistiche dovrebbero ispirarsi a questa immagine per preparare i viandanti a vivere con consapevolezza e profondità il loro percorso. Allo stesso modo, gli operatori turistici dovrebbero curare l’accoglienza, l’ospitalità diffusa e l’accompagnamento, affinché il pellegrino non sia mai solo nel suo cammino, ma sempre sostenuto da una comunità che lo accoglie con il cuore aperto.
Il pellegrinaggio, infatti, è anche condivisione, ascolto, reciprocità. Ogni pellegrino che percorre un cammino entra in relazione con gli altri viandanti, con le comunità locali, con i paesaggi e i simboli che incontra. È questo dialogo che rende ogni esperienza unica e autentica. Le comunità ospitanti, dal canto loro, svolgono un ruolo essenziale: la qualità dell’accoglienza, la valorizzazione delle tradizioni, la disponibilità all’ascolto diventano elementi imprescindibili di un pellegrinaggio riuscito.

Oggi, inoltre, assistiamo a una crescente attenzione verso il benessere del pellegrino anche da un punto di vista fisico e psicologico. Sempre più persone si mettono in cammino anche per migliorare la propria salute, per trovare un equilibrio interiore, per rispondere a un bisogno di rigenerazione. La dimensione spirituale e quella del benessere si intrecciano, offrendo esperienze integrali, capaci di abbracciare corpo, mente e spirito.
In questo quadro, la preparazione del pellegrino assume un’importanza cruciale. Le guide non devono limitarsi a fornire informazioni storiche o religiose, ma devono saper stimolare riflessione, creare momenti di dialogo, favorire una vera crescita personale. Allo stesso modo, le comunità locali devono essere preparate ad accogliere questi camminatori con spirito aperto e inclusivo, creando un ambiente propizio all’incontro.
Il pellegrinaggio, se vissuto nella sua pienezza, si configura così come un’occasione straordinaria di trasformazione. Non è solo un viaggio verso un luogo sacro, ma un cammino che coinvolge tutta la persona: il corpo, la mente, il cuore, la relazione con l’altro e con il divino. Il racconto di Emmaus, in questo senso, ci offre un paradigma eloquente: ogni pellegrinaggio può diventare un’esperienza di rivelazione, di speranza, di rinascita.
Perché ciò accada, il turismo religioso deve liberarsi da una visione puramente promozionale o consumistica. Deve essere riconosciuto e valorizzato come spazio di crescita, di incontro, di dialogo. L’accoglienza, la convivialità, l’ascolto e la condivisione devono diventare i pilastri su cui costruire ogni cammino spirituale. La sfida, per operatori e comunità, è quella di andare oltre l’organizzazione di percorsi per creare vere esperienze trasformative.
Il turismo conviviale, che promuove la cultura dell’incontro e il rispetto delle differenze, rappresenta oggi la chiave per uno sviluppo sostenibile e umano del turismo religioso. Non è solo una questione di itinerari, ma di relazioni. È un modo di camminare insieme, di riscoprire la propria umanità attraverso il dialogo con l’altro. In definitiva, il pellegrinaggio non è soltanto uno spostamento fisico, ma un viaggio dell’anima: un’opportunità unica per crescere, scoprire, condividere e trasformarsi.
In questo orizzonte, il restauro e la riapertura della cripta della Basilica Cattedrale di Messina si inseriscono come un’opportunità concreta per riscoprire e rilanciare il valore del turismo religioso nel territorio siciliano. La cripta, luogo silenzioso e carico di storia, non è solo uno spazio architettonico recuperato, ma può diventare tappa significativa di un cammino spirituale contemporaneo. Essa invita al raccoglimento, al dialogo interiore, alla memoria viva della fede e della cultura di una comunità che ha saputo resistere alle ferite del tempo.
Accogliere i pellegrini e i visitatori in un luogo così denso di simboli e suggestioni significa offrire loro un’esperienza autentica di incontro e riflessione, un’occasione per fermarsi e ascoltare, per guardarsi dentro e riannodare legami con le radici spirituali del territorio. La cripta, nella sua nuova veste, può diventare non solo un gioiello artistico restituito alla città, ma anche un nodo spirituale lungo i cammini del turismo religioso, contribuendo a fare di Messina non solo una meta da visitare, ma una tappa da vivere.